Per arrivare alla Final Four bergamasca, Fognini dovrà firmare una mezza impresa contro Brandon Nakashima. In precedenza, l’americano di origine asiatica (la madre è vietnamica e il padre è di origine giapponese) aveva dato una prova di forza contro Liam Broady (n.3 del seeding). Un 6-4 6-0 senza storia, minaccioso (per gli avversari) ed esaltante per la strana coppia di coach al seguito: da qualche settimana, all’argentino Mariano Puerta si è affiancato Davide Sanguinetti, sempre più una sorta di Indiana Jones degli allenatori.Avevamo preparato molto bene questa partita – dice Sanguinetti – impostando il match sul dritto dell’avversario. All’inizio Broady ci ha sorpreso con alcuni colpi vincenti, ma Brandon è stato bravo a tenergli testa e a fare tutto quello che gli avevamo detto”. Vedendo giocare Nakashima, ci si domanda come abbia fatto a precipitare al numero 152 ATP dopo essere salito in 43esima posizione, a maggior ragione dopo la “benedizione” del successo alle Next Gen Finals: tutti i vincitori del Masters Under 21, prima di lui, hanno raggiunto (almeno) una semifinale Slam. “Mi hanno cercato per unirmi al team e dare una mano – racconta Sanguinetti – quando sono arrivato, ho trovato un giocatore un po’ sfiduciato, senza motivazioni. Va detto che a inizio anno ha avuto qualche problema fisico: forse non si è curato bene e se l’è portato dietro per tutto l’anno. Ha continuato a giocare, a rincorrere i punti, e questo lo ha destabilizzato”.

L’EREDITÀ DELLE NEXT GEN FINALS

Nakashima era già seguito da Mariano Puerta: l’argentino, ex finalista del Roland Garros, si è spostato in California. “Per me è soltanto la terza settimana, per adesso ce lo dividiamo e stiamo ancora ragionando sul da farsi. Posso dire che c’è tanto lavoro da fare” dice Sanguinetti. Visto il suo background (ormai fa il coach da oltre dieci anni, con buoni risultati), ci si domanda come mai non abbia mai allenato tennisti italiani. “Perchè non me l’hanno mai chiesto – dice con un sorriso – il motivo non lo so, per adesso non è mai successo. Io posso dire che mi piacerebbe avviare un progetto con un giovane italiano. Però adesso sono concentrato su questo, magari tra qualche anno vedremo cosa succederà”. L’ultima volta che Sanguinetti aveva fatto parlare di sé risale a qualche mese fa, quando era al fianco di Shintaro Mochizuki, giapponese in grande ascesa, autore di uno spettacolare torneo a Tokyo. “La collaborazione con lui è terminata, ma credo di aver fatto un gran lavoro, soprattutto sul piano mentale. L’ho conosciuto quando era ancora un junior e l’ho portato nel professionismo. Adesso sta dimostrando tutto il suo valore”. Dopo Vince Spadea, Go Soeda, Ryan Harrison, i doppisti Michael Venus e John Peers, Di Wu e un passaggio nel circuito WTA con Dinara Safina, Sanguinetti sente che Nakashima potrebbe essere la scommessa giusta per fare qualcosa di grande. D’altra parte, le Next Gen Finals non hanno mai sbagliato…

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